La Sibilla Cumana e l’ inizio dell’ Astrologia nell’ Occidente.
A cura, di Riccardo Sorrentino.
Cari amici,
una breve introduzione sulla probabile importanza di questa terra meravigliosa rappresentata dai campi Flegrei anche sul piano astrologico.
Non voglio fare nessun scoop e non ho fatto nessuna scoperta straordinaria, ma la mia è soltanto una riflessione logica che vi giro, amichevolmente, e che ha anche delle piccole ma importanti prove materiali.
Prima di arrivare al dunque, però, devo fare un necessario preambolo storico sull’ Astrologia.
Come penso molti di voi sapete,
le origini di questa affascinante materia, vengono fatte risalire ( erroneamente) all’
antica Babilonia; dico erroneamente perché, in fondo, la concezione di una influenza cosmica io
credo che sia nata nell’ uomo, in generale, senza una collocazione geografica particolare,
migliaia di anni prima, quando il primo
cacciatore, il primo agricoltore, il primo pescatore… diresse per la prima
volta i suoi occhi verso il cielo, e certo non lo fece per soddisfare una
curiosità veramente intellettuale. Ciò che cercava nel cielo era il riflesso di
se stesso e del suo universo umano.
D’ altronde, non distratto da cellulari, televisione, play station, social e altro, “sentiva” che il suo mondo era avvinto da innumerevoli legami visibili e invisibili all'ordine generale dell'universo, e che questi legami, rendevano un terreno adatto per la semina o meno, adatto per il raccolto o meno, e che il mare si alzava e abbassava in relazione a quella Luna, a quelle stelle e così via…
I fenomeni celesti non potevano perciò essere studiati con lo spirito distaccato della meditazione astratta e dalla scienza pura, ma erano considerati proprio in funzione della loro influenza sulla vita dell'uomo.
Il cielo era dunque pieno di poteri magici, divini, demoniaci. Il primo e essenziale compito dell'astronomia- astrologia (perché i primi a studiare e parlare delle probabili influenze astrali racchiudevano sia la ricerca di una legge delle stelle che un discorso magico e magari con i primi accenni filosofici sulle stelle), era quello di comprendere la natura e l'attività di questa forza celeste, per prevenire ed evitare i loro pericolosi influssi o per sfruttarli al meglio.
Ritornando però, alle origini concrete e documentate, ritorniamo in Mesopotamia perché lì furono trovate le antichissime tavolette, la cui traduzione ed interpretazione, ci ha dimostrato che la nascita dell’astronomia-astrologia risale a circa 3500 anni prima della nascita di Cristo.
Queste tavolette con questi antichi scritti assiro-babilonesi sono conservate nel British museum e riportano i primi studi sugli spostamenti del Sole, della Luna, di Mercurio Venere e Marte. Attraverso queste osservazioni, e ripeto che stiamo parlando di circa 3500 anni fa, i Babilonesi erano in grado di formulare presagi sia meteorologici (per le coltivazioni) che quelli del presunto volere degli dei.
Inoltre, e già si
ufficializza in pieno l’ astrologia ( e cioè il discorso sulle stelle) attribuivano
per la prima volta per iscritto ai vari pianeti caratteristiche specifiche,
legate al loro aspetto. Per esempio a Venere, luminosa e chiara, fu associata
al principio dell'amore e della fecondità; Marte, dall'alone rosso cupo, fu
associato alla violenza e alla guerra.
Cosi giorno dopo giorno, sempre senza twitter, face
book, grande fratello e inciuci politici vari, osservando le stelle, dalla
constatazione che i movimenti del cielo avevano conseguenze, sulle piante,
sugli animali, sul raccolto e sulla
pesca, e trovando logico l’ immaginare e
credere che al moto dei pianeti, fossero connessi anche le vicende terrene, incominciarono
a tradurre in tempi fissi questi spostamenti astrali, fino ad arrivare ad una
ripartizione del tempo in giorni, mesi e anni, e fino ad arrivare ai primi
calendari.
Sempre con il passare degli anni, intorno al 1500
avanti C, miscelando le osservazioni e i punti di vista di babilonesi e
sacerdoti caldei, lo studio della volta celeste fu così approfondito che
seguendo l’ eclittica formata dal movimento del Sole, furono tracciate le prime
mappe astrali con le posizioni dei pianeti, fino ad arrivare intorno al 700
avanti C, a uno primo zodiaco simbolico, molto vicino a quello attuale, formato
però solo dai 7 pianeti conosciuti ( a
cui veniva data una forma di influenza molto vicina a quella della moderna
astrologia occidentale) . questo primo zodiaco era diviso in 12 parti uguali di
30 gradi, ognuno rappresentativo di una costellazione.
Proprio in quegli anni (VII A.C.) l'astrologia dei Caldei si propagò sempre
di più sia in Oriente che verso l’
Occidente…la cui anticamera era la
Grecia.
Eravamo comunque, già a una astronomia che diventava
sempre di più astrologia perché, al di là delle misurazioni matematiche, il
discorso magico sulle possibile influenze, diventava predominante. Astronomia e astrologia insieme, quindi per
migliaia di anni, e conservarono questo carattere di interscambio per migliaia
d'anni fino a Keplero, il vero fondatore della astronomia scientifica (e cioè
fino ieri perché Keplero nacque in
Germania nel 1571).
Nel frattempo, quindi, con l’ avvento di questo primo zodiaco, questa cultura arrivò in Grecia, dove negli stessi anni ( 700 avanti C)
comincio a liberare, molto lentamente, i Greci dalla convinzione che nel cielo
ci fossero sia Dei che Dei semi umani. I greci di allora infatti, interpretavano i fenomeni celesti solo come
un aspetto collaterale delle manifestazioni di favore o sfavore degli dei. Pian
pianino però, i loro filosofi, cominciarono ad accogliere la credenza orientale
dei giorni fausti ed infausti del mese, cominciarono a legare vari miti alle
costellazioni, anche se solo dopo la fondazione della scuola pitagorica ( e
siamo poco dopo il 500 avanti Cristo) si introdusse in Grecia il concetto di
legge naturale, per cui i Greci incominciarono ad associare la ricerca delle
immutabili leggi del movimento nel cosmo con la mistica scienza dell'
astrologia.
Ma avviciniamoci
ai Campi Flegrei dicendo che, come tutti sanno, ben prima delle polis in Locride
e in Sicilia, i greci toccarono l’
Occidente per la prima volta sbarcando a Ischia ( il cui primo nome fu
Pithecusa) e poi circa 40 anni dopo sul promontorio dove poi sarebbe sorta la
città di Cuma da cui poi sarebbe partita, molti anni dopo la colonizzazione che
avrebbe poi formato la Magna Crecia. In verità questo primo arrivo dei greci a
Ischia è stata messa in discussione dall'equipe
dell'archeologo Bruno D'Agostino, docente presso l'Istituto Orientale di
Napoli, e condotto per conto della Soprintendenza dei Beni Archeologici. Le
scoperte della missione del professor D'Agostino ( con reperti trovati a Cuma
simili a quelli trovati a Ischia) fanno pensare, infatti, che l'insediamento
dei Greci avvenne più o meno contemporaneamente tra Ischia e Cuma, con
l'obiettivo di controllare sia il mare che un vasto territorio agricolo.
Questi primi greci coloni della
Magna Grecia erano Calcidiesi provenienti dall’ isola di Eubea, e ci troviamo
comunque circa nel 760 avanti Cristo ( e secondo la leggenda, gli Eubei di Calcide, scelsero di approdare in quel punto della costa
perché attratti dal volo di una colomba o secondo altri da un fragore di cembali).
Ed eccoci alla Sibilla Cumana e al celebre Antro della
Sibilla. Questa enigmatica grotta a forma di trapezio è stata attribuita
appunto alla residenza (o "al posto di lavoro principale ") della
celeberrima Sibilla Cumana, consacrata al dio Apollo: antica sacerdotessa, le
cui origini si perdono nel mito, che si dice prevedesse il futuro rispondendo
in modo enigmatico e ambiguo ai quesiti degli antichi guerrieri, che le
sottoponevano prima di partire per la guerra. Da lei non a caso deriva il
termine "sibillino". Non era
la sola Sibilla, ma ne figuravano molte nella mitologia greca, così come
testimoniato da Eraclito di Efeso (sec. VI-V a. C.), da Euripide (V secolo a.C.), da Aristofane (V-IV secolo a.C.), e da Platone (V-IV secolo a.C.). Non ci dilunghiamo, e parliamo della la più
importante di tutte, la più famosa, e cioè della nostra ( e ne dobbiamo essere
fieri) Sibilla Cumana, ch fu pure citata nel terzo libro dell'Eneide, dove è scritto che Enea, se vorrà
finalmente trovare la terra destinata al suo popolo dagli dei, dovrà recarsi ad
interrogare l'oracolo di Cuma.
Nei campi flegrei comunque, la
Sibilla Cumana era meglio di Fox e Branko messi insieme, era infatti una grande
imprenditrice di se stessa.
Perché lo penso? Beh perché, la
storia o la leggenda, ci dicono che aveva due sedi lavorative, una succursale suggestiva,
tra i gas degli inferi, sulle sponde del lago di Averno, dove secondo Virgilio,
in questa cripta scavata nel Monte della Ginestra, si esibiva, diciamo in
trasferta, non solo nei suoi oracoli ma anche come guida di Enea bell’
oltretomba,… e una sua sede principale a Cuma…e chiaramente parlo della famosissima
galleria a trapezio, realizzata inizialmente dagli antichi Greci Eubeici nel
sesto secolo avanti Cristo (quando furono scavati in un tufo molto duro la
galleria e la sala dell'oracolo), e poi
perfezionata, modificata e ampliata in
seguito dai Romani.
Tutta questa introduzione per arrivare all’ oggetto
della serata e cioè per dire che, se la prima città fondata dai Greci fu Pithecusa
e poi Cuma, o insieme ( che, comunque, appartengono insieme ai campi flegrei), già la logica ci autorizza a pensare che la
cultura astronomica-astrologica entrò nell’ occidente proprio dalla nostra
terra. Ma, oltre la logica, carissime signore e signori, c’è anche una prova
concreta, non scoperta da me, ma non vista mai dal punto di vista astrologico,
o, comunque sottovalutata in tal senso.
Nel 1972 infatti, l’ archeo-astronomo Franco Ruggeri scoprì il primo
calendario lunare dell’ occidente sulla parete occidentale esterna del dròmos
che Amedeo Maiuri nel 1932 individuò quale “antro della Sibilla”. Questo primo calendario fu inciso nel sesto
secolo avanti Cristo da un ignoto astronomo-astrologo ed è composto da 29
incisioni disposte su due file; oltre questo primo calendario, scoprì anche un
secondo calendario costituito da segni disposti ad arco. Successivamente
l'archeo-astronomo Ruggeri e l'esperto Raffaele Iacente hanno ritrovato nel
1995 in un corridoio dell'antro un terzo calendario composto da un disegno
fusiforme che presentano delle analogie con altri segni ritrovati poi nella Cripta Romana (chiusa
al pubblico per problemi statici). Comunque ritornando al primo calendario che è ben visibile all’esterno dell’ antro, ci
troviamo di fronte ad una grande prova astronomica- astrologica perché queste
29 tacche formano i 29 giorni del mese lunare,
e, considerando il periodo in cui furono fatte le incisioni, il tutto ci
riporta proprio ai primi calendari dell’ antica Grecia e all’ epoca proprio dello sbarco dei Calcidiesi
a Pitichesa e a Cuma, calendari che adottavano appunto l'anno lunare,
sostanzialmente derivato da quello babilonese. Esso era costituito da 354
giorni, cioè da dodici lunazioni, con una differenza di 11 giorni rispetto a
quello solare.
Il fatto poi che questi calendari fossero incisi in un luogo che rappresentava il luogo dell’ oracolo, rafforza questo legame tra la legge numerica dell’ astronomia espressa dai calendari incisi nel tufo e la magia dell’ ipotesi astrologica( simboleggiata dalla veggenza della Sibilla).
Il lago
d'Averno, ubicato nella Terra dei Campi Flegrei in località Lucrino, nel comune
di Pozzuoli, giace all'interno di un vulcano spento risalente a circa 4000 anni
fa. Il nome deriva dal greco aornon, ossia "luogo senza uccelli". Si
narra infatti che le acque del lago esalassero dei particolari gas che non
permettevano la vita agli uccelli.
Questo lago
è la località flegrea maggiormente citata da Omero, Virgilio e il culto
dell'oltretomba, perché ritenuta l'ingresso all'Ade. Sempre Virgilio ipotizzò
in queste zone la presenza della Sibilla cumana.
Secondo la tradizione, la grotta della Sibilla, una cripta scavata nel Monte
della Ginestra, era il luogo ove avvenivano gli oracoli della Sibilla. In
realtà si tratta di un percorso sotterraneo che congiungeva il lago Lucrino con
le rive dell'Averno, opera militare voluta da Agrippa
Con
l’estendersi della civiltà greca degli Ioni nel bacino del Mediterraneo si ebbe
il moltiplicarsi delle Sibille nelle diverse tradizioni locali. Un ampio brano
di Lattanzio,
notoriamente interessato alla rivelazione sibillina, che egli stesso ritiene
ispirata dall’unico Dio e rivolta alle nazioni, riflette la lista compilata da Varrone (I secolo
a.C.), riguardante dieci Sibille connesse ad importanti centri del mondo
ellenistico-romano.
La prima delle dieci varroniane era originaria della Persia da cui il nome Persica, che fu più tardi identificata con
la Caldea. La seconda è quella che si diceva risiedesse in Libia, zona dalla
quale prende il suo nome Libica: essa è menzionata da Euripide nel prologo della Lamia e considerata da
Pausania la più antica di tutte; la terza è quella di Delfi (Delfica), di cui parla Crisippo nel libro
“sulla Divinazione”, una tradizione la identifica inoltre con Erofile da Eritre
e tale notizia ci è fornita da Eraclide Pontico, che parla di una Sibilla
frigia nota a Delfi col nome di Artemide. Secondo Plutarco invece, questa sarebbe giunta dall’Eliconia, fu lei a predire ai Greci, in
partenza per Ilio, che questa città sarebbe stata distrutta e che Omero avrebbe
scritto dai suoi oracoli. La quarta Sibilla è quella Cimmeria situata in Italia, presso i Cimmeri intorno al lago
Averno, di cui parlano Nevio nei suoi libri “ Bellum Poenicum” e Pisone negli “Annales” . La quinta Sibilla
è quella Eritrea che Apollodoro di
Eritre afferma essere sua compatriota. La sesta era la Samia, di cui parla Eratostene affermando di aver scoperto uno
scritto negli antichi “Annales” dei Sami. La settima sibilla è la Cumana, detta anche Amaltea, Demofile o
Erofile di cui abbiamo testimonianza in Licofrone, uno scrittore greco del IV secolo a.C. e in Eraclito. E fu la Sibilla Cumana a portare nove dei cosiddetti Libri Sibillini al
cospetto di Tarquinio il Superbo. L’ottava Sibilla è quella dell’Ellesponto (Ellespontina), essendo nata nella campagna
troiana nella cittadina di Marpesso, presso la località di Gergithium. Eraclide del Ponto scrive che questa visse al tempo di
Solone e di Ciro. La nona è la Frigia, una Sibilla greca, più volte assimilata alla Marpessa, detta anche
Cassandra o Taraxandra. La decima sibilla è quella di Tivoli (Tiburtina), dove era adorata come una dea
sulle rive dell’Aniene, nei cui gorghi si dice fu trovata la sua statua che
teneva un libro sibillino in mano; era chiamata anche Albunea.
Una delle sibille non citate da Varrone in quanto sorta in epoca medievale
è la Sibilla Appenninica, detta anche "Oracolo di
Norcia" che viene legata alla Grotta della Sibilla situata sul Monte Sibilla, nella catena dei Monti Sibillini nei comuni di Arquata del Tronto e Montemonaco.
La Sibilla nell'Eneide di Virgilio
In Virgilio, nel sesto libro
dell'Eneide, la Sibilla Cumana è il personaggio centrale, con la doppia
funzione di veggente e sacerdotessa di Apollo e, contemporaneamente, di guida
di Enea nell'oltretomba. La presentazione della sacerdotessa viene accompagnata
dal fosco ritratto dei luoghi in cui ella vive che formano un tutt'uno a
suggerire un'immagine di paura e, allo stesso tempo, di mistero:
NAPOLI |
Nell' Odissea
Omero affida a Circe il compito di indicare a Ulisse la via per raggiungere
l' Ade, l' inferno pagano, e poter evocare l' indovino Tiresia. E quella via,
lungo una costa bassa e fitta di boschi, è la via dell' Averno. Nel sesto
canto dell' Eneide Virgilio descrive una grotta «protetta da un nero lago e
dalle tenebre dei boschi», e racconta la discesa di Enea agli inferi, dove lo
guida la Sibilla. E la via che percorrono parte dall' Averno. Il lago che
guarda il golfo di Pozzuoli e respira gli odori della Solfatara era
considerato l' ingresso dell' Oltretomba, ed era frequentato da eroi mitici e
leggendari. Nella sua grotta invasa dai fumi, racconta la grecista Eva
Cantarella, «la Sibilla, la sacerdotessa di Apollo, cadeva in trance e in
esametri greci pronunciava le sue profezie». * fonte wikipedia |
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